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Negli ultimi anni sono stati sdoganati i temi legati alla questione dell’ambiente e del cosumo della plastico, in particolare in seguito all’allarme del report dell’IPCC, secondo il quale restano solo 12 anni per non innalzare il riscaldamento globale superando la soglia minima di 1,5° C. In caso contrario, infatti, le conseguenze sarebbero alquanto devastanti per quanto riguarda lo scioglimento dei ghiacciai, l’agricoltura e gli ecosistemi colpiti da inondazioni e siccità, la perdita di alcune specie e diffusione della povertà.
Per evitare ciò, è necessario diminuire entro il 2030 le emissioni di gas serra del 45% circa ed azzerarle entro il 2075. Per raggiungere tali obiettivi è necessario affidarsi alle energie rinnovabili che entro il 2050 dovranno fornire fino al 85% dell’energia elettrica totale e alla riforestazione in quanto gli alberi saranno in grado di assorbire le eventuali prodotte dopo l’azzeramento.
In questo quadro rientra anche il tema dell’inquinamento da plastica. Attualmente la plastica rappresenta una dei principali fattori responsabili del riscaldamento globale e dell’inquinamento marino e ambientale. Ciò è dovuto sia alla sovraproduzione della plastica, sia al suo smaltimento non corretto, sia alle emissioni di CO2 di questo materiale. Non a caso, gli scienziati hanno dominato l’era in cui viviamo come l’era della plastica.
Già nel 1988 la produzione di plastica ammontava a 30 milioni di tonnellate e nel 2016 si è raggiunta la cifra esorbitante di 335 milioni di tonnellate. All’attualità non esiste un area geografica che non sia stata contaminata ed inquinata dalla plastica. Secondo il Servizio di Ricerca del Parlamento Europeo, più di 150 milioni di tonnellate di plastica invadono gli oceani. Gli oggetti ritrovati sono di uso comune come buste, cotton fioc, cannucce, buste di snack, mozziconi, bottiglie, contenitori monouso per il cibo. Lo scorretto smaltimento di questi oggetti ha un fortissimo impatto ambientale, soprattutto se si tiene conto del tempo di degradazione naturale del materiale plastico. Ad esempio, un cotton fioc impiega dagli 1 ai 5 anni per degradarsi, una semplice busta di plastica ne impiega circa 20, un bicchiere circa 50 anni fino ad arrivare ai 450 anni di una bottiglietta d’acqua.
Tuttavia, non sono solo gli oggetti e gli imballaggi di plastica ad inquinare. Anche i vestiti sono composti da tessuti sintetici le quali, durante il lavaggio, rilasciano delle fibre di microplastiche che vengono riversate negli oceani. L’accumulo di plastica in mare e negli oceani ha portato alla creazione di vere e proprie isole di plastica, di cui la più estesa è quella dell’Oceano Pacifico. L’isola di plastica dell’Oceano Pacifico è nota all’incirca dalla fine degli anni Ottanta ed è considerata la più grande discarica del pianeta in quanto le sue tonnellate di plastica superano le 100 milioni di tonnellate.
La situazione nel Mediterraneo e in Italia non è tanto diversa. Difatti secondo uno studio condotto da diversi ricercatori sarebbero circa 116 specie marine a ingerire ogni giorno i rifiuti di plastica. Tra queste specie, purtroppo, sono presenti anche quelle che finiscono sulle nostre tavole come, ad esempio, le triglie, i merluzzi, i tonni, diversi crostacei e molluschi. La plastica ingerita dai pesci veicola dei batteri patogeni che provocano malattie e di conseguenza danneggiano anche la nostra salute.
Oltre a queste specie vengono colpite anche le tartarughe, le meduse e alcune specie di volatili.
Inoltre, la plastica può intrappolare gli animali che non riescono più nè a muoversi, nè a procurarsi del cibo. In tali casi, spesso diverse specie sono morte per strangolamento e/o denutrizione. In Italia, i fondali rocciosi che circondano la penisola sono ricoperti da rifiuti di plastica, in particolare nel Mar Ligure, nel golfo di Napoli e in Sicilia. Complessivamente 8 milioni di tonnellate di plastica vengono riversate nel Mar Mediterraneo attraverso i fiumi. La situazione è allarmante anche in superficie e sui litorali dove si sono create altrettante isole di plastica. Tra le più note vi è l’isola di plastica del Mar Tirreno e l’isola di plastica del Mar Adriatico.
Diverse sono state le iniziative pratiche per ripulire i mari e gli oceani dalla plastica. La più nota è la Ocean Cleanup che ha come obiettivo quello di sviluppare tecnologie atte ad estrarre dagli oceani i materiali inquinanti. Tali iniziative hanno iniziato a diffondersi anche in Italia, come ad esempio la barriera cattura plastica che nel Tevere ha già raccolto circa 460 chili di rifiuti.
Quali sono, invece, i comportamenti da adottare per contribuire quotidianamente e positivamente per arginare il problema dell’inquinamento ambientale e della plastica? Sicuramente, è importante partire dalla sensibilizzazione, a partire dai giovanissimi: a tal proposito è nato un libro di storie per bambini che dà anche dei consigli pratici da adottare nella quotidianità. Inoltre, recentemente sono nati i movimenti del plastic free e dello zero waste che hanno come obiettivi quello di ridurre al minimo gli sprechi ed evitare il consumo di plastica a cui è possibile ispirarsi. Si può iniziare con un passo alla volta, iniziando da un corretto riciclo della plastica fino alla sua completa eliminazione per sostituirla con alternative sostenibili per l’ambiente.
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